"Lockdown Covid deciso per la fuga di notizie"

Scritto il 03/11/2025
da Felice Manti

La rivelazione al Giornale di un ex Cts: "Chiusura totale decisa dopo la fuga di massa da Nord a un Sud senza casi né contagi"

Ritardi, fughe di notizie e riunioni segrete senza verbali. Mentre in Lombardia il virus dilagava e il Sud era ancora senza contagi, Conte e Speranza decisero nel caos una chiusura politica, ignorando i piani sanitari e trascinando il Paese nel disastro economico.
«La chiusura totale dell’Italia venne decisa perché si era raccontato di chiudere la Lombardia senza provvedimenti di blocco dei trasporti, causando la fuga in massa in treno e auto. A quel punto il rischio era che tutti i rientranti fossero ignari vettori e potessero trasportare il contagio nei loro luoghi di residenza, che erano ancora senza casi». È la clamorosa dichiarazione raccontata a Il Giornale da un ex membro del CTS che chiede di restare anonimo.

Il tema del lockdown nazionale è tornato alla ribalta alcune settimane fa con l’audizione in commissione covid del prof. Luca Richeldi, ex membro del CTS ed oggi direttore dell’Unità operativa complessa di Pneumologia e del Cemar (Centro malattie dell’apparato respiratorio) del Policlinico universitario Agostino Gemelli. Messo alle strette dal presidente Lisei e dal senatore Antonella Zedda (FdI), Richeldi cadde in contraddizione più volte tanto da rivelare che la decisione di chiudere l’Italia fu presa durante un incontro segreto e di cui non risulta alcun verbale tra l’ex Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ed un gruppo ristretto di membri del CTS: «Per quello che mi ricordo questa riunione non si tenne nella sala operativa della Protezione Civile, dove di solito si tenevano le riunioni del Cts, ma in una sala superiore. Quindi è anche possibile che quella sia anche stata considerata non una riunione del Cts, il 7 o l’8 di marzo». Contattati da Il Giornale, sia l’ex coordinatore dell’ISS Agostino Miozzo sia l’ex dirigente dell’ISS, Giovanni Rezza, si dichiararono all’oscuro di quell’incontro.

Solo pochi giorni prima della decisione del lockdown nazionale, Rezza e Miozzo si trovavano in un’altra riunione non verbalizzata e sempre alla presenza dell’ex premier Conte presentandogli la necessità di chiudere la Val Seriana, sulla base dei dati epidemiologici raccolti e le proiezioni del matematico Stefano Merler. Una decisione che, come ricordava Rezza, era condivisa e sollecitata dalla Lombardia ma sulla quale l’ex premier non assunse mai alcuna decisione. «La catena di comando era ormai solidamente in mano a Conte e alla protezione civile», continua la fonte de Il Giornale. Sulle clamorose responsabilità della mancata chiusura della Val Seriana costata migliaia di morti, l’ex membro del CTS svuota il sacco: «Si ricorderà che tutti dicevano che era un’influenza, compresa la Gismondo che adesso ne sta sparando tante. L’unico pentito delle sciocchezze raccontate è stato Bassetti. Gli altri hanno fatto finta di niente.

Io gli continuavo a dire che il 2% di casi gravi su mille contagi non è molto, ma su dieci milioni è un’ondata letale. La stima che ho ricalcolato a posteriori sulla base dei decessi in Lombardia e vicinato ci mostra che in pratica un terzo della popolazione delle province di Bergamo, Cremona, parte di Brescia, parte di Piacenza e Lodi era stata già contagiata. D’altronde stimando i primi casi non valorizzati durante l’ultimo trimestre del 2019, con la velocità di replicazione che il virus aveva al tempo, i numeri sono quelli». Ma è qui che l’analisi si fa ancora più spietata: «La ‘prontezza’ dell’Italia - primo paese colpito in Europa - era messa a durissima prova da tre fatti: da gennaio non si era fatto niente di concreto se non riunioni; le previsioni di piano 2006 sulle azioni non farmacologiche, quelle di sanità pubblica, erano state completamente ignorate; non erano stati disposti gli approvvigionamenti (l’ultima rilevazione sui posti letto era stata fatta nel 2016) e rinforzate le linee guida per la gestione ospedaliera».

In relazione al protratto attendismo la fonte rivela che poco però si era fatto anche per imparare dall’esperienza cinese: «In più le posso dire che era stato fatto poco per capire dai cinesi cosa effettivamente stessero facendo loro, ma c’era l’evidenza fotografica della costruzione del grande ospedale nuovo di isolamento a Wuhan». Si tratta di rivelazioni tardive ma che confermano il totale fallimento strutturale del cosiddetto “modello Italia”, più volte rivendicato proprio da Conte e Speranza. Un ‘modello’ che ora possiamo certamente dire fosse fondato su decisioni caotiche e opache. Con la consapevolezza che quelle scelte tardive ed improvvisate non solo costarono all’Italia decine di migliaia di morti durante la prima ondata, ma misero in ginocchio anche l’intera economia del Paese.