Se il tennis diventa una fabbrica di automi

Scritto il 03/11/2025
da Marco Lombardo

Una volta in campo il mix era tra i giocatori e il pubblico, e la claque si aveva solo in coppa Davis. Ora tutto è squadra e i giocatori parlano col plurale majestatis

Non so se avete presente i vecchietti del Muppet Show: messì lì sulla tribuna a giudicare tutto e tutti, e soprattutto ad agitarsi ad ogni battuta dei protagonisti. Ecco, non è proprio la stessa cosa – visto che si deve essere solo d’accordo – però visivamente la situazione è questa. Il tennis, in pratica, sembra diventato il teatro delle marionette da quando l’angolo del giocatore è stato avvicinato al campo e i consigli sono diventati leciti. E quindi: chiacchierate durante la partita, ma soprattutto stand up, pugnetto e applauso ad ogni punto. Tanto che i tennisti non possono più fare a meno di quello e dell’asciugamano (ma che avranno da asciugarsi dopo un ace?).

Vabbè, non è il caso di fare i nostalgici a tutti i costi. Però una volta in campo il mix era tra i giocatori e il pubblico, e la claque si aveva solo in coppa Davis. Eppoi in fondo gente come McEnroe, Connors o Nastase ha fatto la storia anche per le follie che facevano impazzire il pubblico. Adesso invece non ci sono più neppure quelle, neanche un giudice di linea con cui prendersela, e in tutti momenti c’è chi ti sprona e ti consola a comando, che bisogno hai di andare a cercare conforto nelle gare a squadre? Tanto tutto è squadra ormai, ed infatti i giocatori parlano col plurale majestatis.

Così, per dire, se una volta Federer doveva solo temere gli sguardi della moglie, ci ha pensato poi Djokovic a mettere su il clan con cui prendersela se le cose non vanno nel verso giusto. O se il suo tennis non viene apprezzato come dovere. La stessa cosa che, in pratica, ha fatto Sinner a Parigi quando si è rivolto al suo team con un aspro “io faccio il break e voi non fate un c…?”. Per carità: cose che succede per colpa dell’adrenalina, e poi ormai non è solo Jannik, è il tennis. Nel quale la vita è allenamenti, partite, pugnetti e applausi, a ciclo continuo. Il che, più che un teatro di marionette, assomiglia a una fabbrica di automi.