Il Bonus Giorgetti, erede del vecchio Bonus Maroni, sarà confermato anche per tutto il 2026. La misura, voluta dal ministro dell'Economia (in foto), premia i lavoratori che, pur avendo maturato i requisiti per la pensione anticipata, scelgono di restare al lavoro. L'incentivo consente di trasformare i contributi previdenziali a carico del lavoratore in un aumento netto in busta paga che può arrivare fino a 450 euro al mese. Potranno beneficiarne i dipendenti pubblici e privati iscritti all'Assicurazione generale obbligatoria o a gestioni sostitutive o esclusive, che entro il 31 dicembre 2026 abbiano maturato i requisiti per la pensione anticipata: 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne. Non potranno invece farne uso coloro che percepiscono già una pensione o che abbiano presentato domanda, salvo i titolari di assegno di invalidità.
Chi aderisce al bonus rinuncia all'accredito dei contributi a proprio carico pari al 9,19% nel settore privato e all'8,89% nel pubblico che vengono trasformati in reddito netto con tassazione agevolata. Dopo l'autorizzazione dell'Inps, la somma viene erogata direttamente in busta paga. L'aumento varia in base alla retribuzione: circa 190 euro al mese per chi guadagna 25mila euro lordi, 230 per chi ne percepisce 30mila, fino a 450 euro per chi arriva a 60mila. In due anni di proroga il guadagno complessivo può superare gli 11mila euro netti. Il bonus non altera la parte retributiva della pensione ma rallenta la crescita della quota contributiva, poiché resta versata solo la parte datoriale: conviene quindi soprattutto a chi rinvia l'uscita di poco, qualche mese o uno-due anni al massimo. La relazione tecnica alla manovra stima nel 2026 minori entrate contributive per 12,8 milioni di euro, compensate quasi interamente da un risparmio di spesa pensionistica di 12,2 milioni. L'effetto iniziale sarà leggermente negativo, ma dal 2030 il saldo tornerà positivo grazie al rinvio delle nuove pensioni.
Tra le altre modifiche allo studio occorre segnalare che la Lega lavora a un emendamento per ampliare la pace fiscale. "Noi abbiamo sempre detto che la rottamazione non doveva applicarsi agli evasori totali ma come è scritta adesso è troppo limitante, perché chi ha ricevuto l'accertamento può anche essere semplicemente chi ha un'irregolarità o il mancato pagamento di quanto correttamente dichiarato", ha spiegato il senatore Claudio Borghi, indicato tra i possibili relatori della legge di Bilancio. L'emendamento punta anche a ridurre dal 4 al 3% il tasso d'interesse per chi sceglie la rateizzazione, con l'obiettivo di ampliare la platea dei beneficiari senza compromettere i saldi.
Si studia, inoltre, una revisione della norma che limita il regime di esclusione dei dividendi ai soli casi di partecipazioni superiori al 10 percento. L'intento è evitare casi di doppia tassazione e rendere la misura più equa, pur senza intaccare i conti: l'intervento sui dividendi garantisce infatti circa un miliardo di euro l'anno allo Stato. Un'altra possibile modifica riguarda la stretta sugli affitti brevi di cui la premier Giorgia Meloni ha difeso la ratio (favorire gli affitti lunghi per le famiglie) pur rimettendo la decisione finale al Parlamento.
Resta poi aperto il capitolo infrastrutture. Per il Ponte sullo Stretto potrebbero essere rimodulate alcune tabelle del bilancio per blindare i fondi già stanziati per il 2025-2026 in caso di rinvii legati allo stop della Corte dei Conti. Sul lavoro autonomo, si valuta invece di riscrivere la norma che subordina i pagamenti da parte delle Pubbliche amministrazioni alla verifica della regolarità fiscale e contributiva. Infine, sul fronte scuola l'Unione Superiore Maggiori d'Italia, chiederà oggi in audizione alla commissione Bilancio "il coraggio del buono scuola nazionale che aiuterebbe le classi sociali più svantaggiate a scegliere liberamente".

