Il senso di urgenza del Cremlino per le conquiste

Scritto il 03/11/2025
da Roberto Fabbri

Nessuna fretta sul vertice Trump-Putin. Solo razzi

Nessuna urgenza di organizzare un faccia a faccia tra Donald Trump e Vladimir Putin. Parola di Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino. Secondo il quale sarebbe semmai necessario "concentrarsi attentamente sui dettagli di un accordo sull'Ucraina". Con queste affermazioni, Mosca non sta semplicemente ribadendo che un incontro a due non servirebbe a niente (questo lo ha già detto più volte con tono risentito lo stesso Trump): piuttosto, sta cercando di fare propria quella presa di posizione americana. Come a dire: siamo noi che conduciamo il gioco, noi che scegliamo di starcene lontani dal tavolo negoziale perché le nostre condizioni non vengono accettate.

Il gioco a rimpiattino tra le due cancellerie è, in verità, parecchio stucchevole. È infatti chiaro da tempo che a Putin non interessa affatto soddisfare la pretesa del presidente degli Stati Uniti di ornarsi il capo con la corona del Grande Pacificatore in Ucraina: le sue fiches vengono puntate, assai più che su una prospettiva di intesa diplomatica, su una vittoria russa in campo militare. Vittoria che però, dati alla mano, appare oggi remota nonostante le difficoltà che i difensori ucraini incontrano su qualche settore del fronte del Donbass.

Il messaggio consegnato da Peskov, alla fine, è questo (e non c'è in esso niente di nuovo): alla Russia i compromessi non interessano. Al Cremlino si ostinano a credere che il tempo sia dalla loro parte, che prima o poi il fronte ucraino cederà, vuoi per esaurimento delle capacità militari di Kiev, vuoi per lo sperato venir meno della compattezza politica del fronte occidentale che sostiene Zelensky.

Il massacro può andare avanti, tanto in Russia non esiste un'opinione pubblica cui rendere conto. E quando appare troppo evidente che la cosiddetta avanzata russa è in realtà un tragico fallimento spalmato su quattro anni si può sempre fare ricorso alla propaganda, minacciare l'impiego di "nuovi missili invincibili" capaci di portare a 14mila km di distanza testate atomiche. In realtà quei supermissili non sono poi tanto nuovi, anzi sono modelli già noti agli esperti occidentali, con qualche ritocco che nella sostanza poco sposta. Ma è il vecchio gioco del Kgb: intimidire, mentire, in Occidente ci sarà sempre qualcuno che ci casca.

Ripetendo per l'ennesima volta la falsa litania della necessità di dar tempo ai diplomatici russi e americani (naturalmente, secondo Putin e Trump, ucraini ed europei dovrebbero restare fuori dalla porta) di trovare le intese per evitare di dar vita a un vertice fallimentare, Mosca cerca insomma di giustificare l'ingiustificabile: voler continuare a testa bassa la propria infame guerra di aggressione dando la colpa agli altri. La guerra continua? Colpa degli ucraini che non si arrendono, degli europei che li aiutano a difendersi. Quando finalmente questa ostinazione cesserà, allora potrà avverarsi il contenuto della barzelletta raccontata qualche giorno fa alla tv russa: Trump telefona a Putin e gli dice "Vladimir, prenditi pure mezza Ucraina, tieniti la Crimea e come segno di buona volontà ti regalo anche l'Alaska, basta che fai finire questa guerra". E Putin risponde: "E tu cosa mi dai in cambio?".