Gentile Direttore Feltri, cosa pensa della sentenza di assoluzione definitiva di Salvini in relazione alla vicenda Open Arms? Cambierà qualcosa ora? Smetteremo di accogliere clandestini?
Carlo Acerbi
Caro Carlo,
la sentenza definitiva di assoluzione di Matteo Salvini nel caso Open Arms è, prima di tutto, una buona notizia per il diritto e per lo Stato. E già questo basterebbe. Perché in un Paese normale non dovrebbe mai accadere che un ministro dell'Interno venga processato per aver esercitato le sue funzioni, cioè per aver difeso i confini nazionali. In Italia, invece, è successo. E ci abbiamo messo anni per arrivare a dire ciò che era evidente fin dall'inizio: difendere i confini non è un reato.
Questa sentenza fa storia perché mette finalmente un punto fermo su un principio elementare, che però negli ultimi decenni era stato stravolto da una ideologia tossica: uno Stato sovrano ha il diritto, anzi il dovere, di controllare chi entra nel proprio territorio. Che tutto questo sia dovuto passare da un processo penale, con accuse grottesche come il sequestro di persona rivolte a un ministro, è un'anomalia che dovrebbe farci riflettere. Salvini ha subito un calvario giudiziario che non auguro a nessuno: anni di indagini, attacchi politici, gogna mediatica, sospetto permanente. La giustizia, anche quando assolve, consuma anni di vita. E questo resta un danno che nessuna sentenza potrà mai risarcire del tutto. Tu mi chiedi se questa decisione cambierà qualcosa, se smetteremo di accogliere clandestini. La risposta, purtroppo, è più complessa di un sì o di un no. Dal punto di vista giuridico, il chiarimento è definitivo: lo Stato italiano può chiudere i porti, può negare l'attracco, può decidere chi entra e chi no. Nessuno, d'ora in poi, potrà sostenere seriamente il contrario senza scontrarsi con una sentenza che fa giurisprudenza.
Ma le consuetudini non si cambiano con una sentenza. Per anni, decenni, è passata l'idea che l'Italia fosse un Paese obbligato ad accogliere chiunque arrivasse, senza documenti, senza requisiti, senza controllo. Una sorta di terra di nessuno, dove la sovranità era diventata una parolaccia e i confini un optional. Questa mentalità non scompare dall'oggi al domani. Tuttavia, questa sentenza rafforza enormemente il cambiamento. Legittima lo Stato, legittima chi governa, legittima politiche di controllo e di contenimento. Dice nero su bianco che l'Italia non è un albergo gratuito né un campo profughi permanente. Dice che le ONG non dettano la linea politica di uno Stato. Dice che il diritto internazionale non impone il suicidio nazionale. D'ora in poi, chi vorrà continuare a raccontare la favola dell'accoglienza obbligatoria lo farà contro il diritto, contro la realtà e contro una pronuncia definitiva. E questo, credimi, non è poco. Cambiare una prassi richiede tempo, fermezza e continuità. Ma oggi abbiamo una cosa in più: una sentenza che certifica ciò che era già evidente ai cittadini dotati di intelletto. Lo Stato non è il nemico, non è il carnefice, non è il cattivo della storia. È semplicemente lo Stato.
E questo, in un'epoca di menzogne ideologiche e di processi politici mascherati da giudiziari, è già una vittoria enorme.

