Il presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, ha affermato ieri che la Russia ha schierato i missili balistici a raggio intermedio “Oreshnik” in Bielorussia.
Il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato mercoledì che i vettori entreranno in servizio operativo questo mese, ma non ha fornito ulteriori dettagli. In precedenza, la Russia aveva schierato armi nucleari tattiche nel territorio della Bielorussia, e il presidente Lukashenko aveva affermato che il suo Paese possiede diverse decine di armi nucleari tattiche russe. Secondo l'accordo di dispiegamento di armi nucleari non strategiche sul territorio bielorusso, avvenuto nel 2024, la Russia resta l'unica utilizzatrice – quindi ne stabilisce l'uso o meno – mentre la Bielorussia può decidere il bersagli da colpire.
Quello che stiamo osservando oggi, è la riproposizione della “crisi degli euromissili” degli anni '80 del secolo scorso, quando l'Unione Sovietica decise, nel 1979, di dispiegare il vettore balistico mobile di raggio intermedio SS-20 (o RSD-18 “Pioneer”), che se posizionato in Europa orientale, Ucraina e Bielorussia (allora facenti parte dell'URSS) avrebbe lasciato una manciata di minuti di tempo per la reazione della NATO, generando quindi uno squilibrio strategico in Europa essendo armi per un attacco di sorpresa che avrebbe molto probabilmente neutralizzato le capacità militari dell'Alleanza Atlantica nel Vecchio Contiente. Allora, gli Stati Uniti risposero schierando i vettori “Pershing II” e i missili da crociera con carica nucleare “Gryphon” (un “Tomahawk” lanciato da terra) in Germania, Regno Unito, Belgio, Olanda e in Italia. La tensione salì alle stelle sino a quando le due superpotenze decisero di eliminare la minaccia portata dai sistemi missilistici di raggio medio e intermedio in Europa siglando il trattato Inf (Intermediate Nuclear Forces) nel 1987. Trattato che è stato ricusato dagli Stati Uniti nel 2018 provocandone di fatto la cessazione. Il trattato Inf è stato uno strumento non solo di disarmo, ma di stabilizzazione in Europa in un periodo in cui le due superpotenze stavano effettuando una corsa agli armamenti mai vista prima, col rischio che si giungesse al conflitto diretto per via delle tensioni accumulate e dei reciproci fraintendimenti.
Gli Stati Uniti sono usciti dall'Inf in quanto non poneva limiti in senso generale a questo tipo di armamenti, ma solo in Europa, pertanto era diventato obsoleto a fronte del riarmo cinese, che comprende numerosi vettori di raggio medio e intermedio.
Ora questo equilibrio del disarmo è andato perso, e sebbene gli Stati Uniti per il momento non sembrino propensi a schierare stabilmente sistemi missilistici a lungo raggio “Typhon” con capacità atomica in Europa – nella fattispecie in Germania – la Russia ha invece stabilito di allungare il suo braccio atomico per minacciare direttamente il territorio europeo, con un'arma che lascerebbe poco tempo di reazione esattamente come per gli SS-20 sovietici degli anni '80. A peggiorare questa prospettiva, c'è un'architettura di difesa aerea e antimissile che l'Europa ha cominciato a costruire solo ultimamente, e soprattutto la volontà statunitense di disimpegnarsi dal teatro europeo, visto non più come quello principale ma del tutto secondario, al punto che nella nuova National Security Strategy esso è citato non come luogo di confronto con la Russia, ma come entità da contrastare per via delle politiche dell'Unione Europea.
Difficile pensare che gli Stati Uniti non si attivino per difendere l'Europa in caso di un attacco simile usando le proprie basi antimissile in Romania e Polonia, ma nel bilancio attuale delle forze in Europa appare evidente che non intendano affatto pareggiare lo squilibrio determinato dallo schieramento dei missili russi in Bielorussia, né ora né in futuro. Come già accennato, Washington sta pensando ad arginare la Cina nell'Indo-Pacifico – e proprio i “Typhon” giocano un ruolo centrale – e in questo momento sembra che la Casa Bianca non intenda irritare il Cremlino ora che la cessazione delle ostilità in Ucraina appare agli Usa più vicina. Appare, appunto. La realtà del campo di battaglia e delle azioni aggressive russe nei confronti dell'Europa effettuate nel vasto campo di battaglia ibrido raccontano una storia diversa, di una Russia che terminerà il conflitto solo quando avrà ottenuto tutto l'ottenibile dalle trattative con degli Stati Uniti che hanno fretta di chiudere la partita, e per questo più morbidi e accondiscendenti.
Giova ricordare, ai fini della comprensione della minaccia missilistica russa in Bielorussia, che i vettori “Oreshnik”, derivati dal RS-26 “Rubezh” un missile intercontinentale abortito per mancanza di fondi, sono capaci di imprimere alle testate multiple di cui è dotato la velocità finale di più di Mach 10, ovvero quasi come quella di un missile balistico intercontinentale. Il missile, come detto, è a raggio intermedio ciò significa che ha una gittata massima sino a 5500 chilometri, e sebbene non si sappia esattamente sino a che distanza possa colpire è plausibile pensare che col suo posizionamento in Bielorussia esso possa coprire tutta l'Europa occidentale. Il vettore è stato testato in combattimento per la prima volta nel novembre 2024, quando un singolo missile ha colpito un complesso industriale a Dnipro, provocando danni leggeri ma dimostrando la sua difficoltà di intercettazione e operatività. Dalle valutazione di quell'azione, è stato possibile stabilire che data la scarsa precisione l'Oreshnik operativo avrebbe testate nucleari e non convenzionali.