Bce, la discesa dei tassi è finita, forse per sempre

Scritto il 19/12/2025
da Marcello Zacché

Il livello del 2% sembra il nuovo equilibrio. Ma i giochi sui mutui dipenderanno anche dalle politiche delle singole banche

La Banca centrale europea ha chiuso il 2025 con la quarta pausa consecutiva, mantenendo il tasso sui depositi al 2% dopo un ciclo che aveva portato a tagli complessivi di 200 punti base (- 2%) dal giugno 2024. La presidente Christine Lagarde ha ribadito che la BCE si trova "in una buona posizione", con l'inflazione che orbita intorno all'obiettivo del 2% fino al 2028 e un'economia dell'eurozona più resistente del previsto. Le nuove proiezioni macroeconomiche hanno infatti rivisto al rialzo la crescita del Pil per il 2025 (+1,4% invece di 1,2%), 2026 (+1,2% invece dell'1%) e 2027 (+1,4%), riflettendo dati migliori del previsto, una minore incertezza commerciale e prezzi energetici più bassi. Tuttavia, l'unanimità sulla pausa nasconde tensioni sotto la superficie. Lagarde non ne vuole sapere di fare previsioni sui tassi del futuro: "Dato il grado di incertezza che stiamo affrontando, non possiamo proprio offrire indicazioni prospettiche". L'elevata incertezza geopolitica, la volatilità dei mercati, l'effetto dei dazi americani e la lentezza nell'implementazione degli stimoli fiscali tedeschi impongono prudenza, senza vincolare la BCE a un particolare percorso dei tassi. Allora ci proviamo noi: cosa fara la BCE nel 2026?

A fonte di una crescita un po’ più sostenuta, sul fronte inflazione, quella del 2026 è stata ritoccata all'insù dello 0,2% (dall'1,7% all'1,9%), principalmente per il settore dei servizi, mentre quella del 2027 è stata rivista al ribasso dall'1,9% all'1,8%. In ogni caso introno al target del 2%. Per questo motivo il tasso BCE al 2% può considerarsi ormai neutrale, né restrittivo, né espansivo. Ma questo non garantisce che sarà così per le famiglie, i cui tassi a breve (sui mutui, per esempio) dipendono da banche e filiere industriali. Gli istituti di credito, per esempio, se temono un aumento delle tasse, si irrigidiscono nel tagliare i tassi. Da questo punto di vista le condizioni del credito non dipendono solo dalla BCE. Idem per i tassi a lunga, che risentono invece delle aspettative legate alle tensioni geopolitiche, per esempio. Non è un caso che i titoli “matusalemme”, quelli che scadono alla fine di questo secolo, presentano quotazioni ai minimi storici. Dal lato degli analisti, c’è una visione condivisa che "il tasso di riferimento al 2% è probabilmente considerato dalla maggioranza del Consiglio direttivo come il punto centrale di un intervallo neutrale" e che "il ciclo di tagli si è concluso al 2%". Il mercato esclude ulteriori allentamenti nel 2026: "I tassi dovrebbero rimanere invariati per tutto il prossimo anno", dice Nicolas Forest di Candriam, anche se nota che i mercati scontano addirittura una probabilità del 20% di un rialzo entro fine 2026, scenario che però giudica "prematuro".

In altri termini, la pacchia del calo dei tassi è finita. E anche l’era dei tassi zero sembra definitivamente tramontata.